Chiesa di Milano, Settembre 2016

“Cristiani e musulmani, campus al Gratosoglio”

“Un progetto impegnativo in una periferia milanese dai molteplici problemi”

 

Un sogno realizzato con il lavoro tenace di diverse persone e che ha prodotto tante emozioni: è la cifra dell’iniziativa che ha visto al Gratosoglio quaranta giovani, ragazzi e ragazze, di cui 11 provenienti da Sarajevo, cristiani e musulmani, che hanno scelto di partecipare insieme a un campus di una settimana, dal 23 al 30 agosto scorso, per conoscersi e «farsi conoscere».

 

Un progetto impegnativo in una periferia milanese dai molteplici problemi. «Abbiamo voluto creare un evento che fosse segno soprattutto per i giovani e potesse mettere radici per il futuro»spiega don Giovanni Salatino, vicario parrocchiale al Gratosoglio. Italiani e immigrati di varie nazionalità, addirittura arrivati apposta da Sarajevo – città simbolo del conflitto e della convivenza tra religioni diverse -, hanno condiviso una esperienza davvero insolita per loro e per lo stesso quartiere. Insieme sono stati in moschea per la preghiera e in chiesa alla Messa, qualcuno ha osservato che l’imam e il parroco hanno predicato «nello stesso modo». Per la gente c’è stata la sorpresa di assistere a gesti di pace dopo tante polemiche e violenze che in questi anni hanno soffocato la vita del quartiere. I ragazzi dell’oratorio e i giovani dell’associazione scout musulmana hanno vissuto, con educatori e animatori culturali, momenti di dibattito e riflessione, di gioco, di visite turistiche,
all’Acquatica e alla Fondazione Prada, ma anche al Duomo.

 

Si sono tenuti inoltre incontri con i rappresentanti del Municipio di Zona 5, dei servizi sociali, persino a Palazzo Marino con la vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, sul filo tematico del
dialogo e della conoscenza reciproca. «Un’esperienza davvero particolare – afferma Aziz Hellal, giovane italiano d’origine marocchina – che ha coinvolto la nostra associazione di scout musulmani che dal 2010, a partire da Solaro, cittadina dell’hinterland milanese, opera a favore dell’integrazione attraverso la cultura scoutistica. Per questa volta non siamo andati a camminare nei boschi, ma incontro a chi è diverso da noi per rispondere al nostro motto che ci invita a “conoscere e a farci conoscere”».

 

«È stato un esperimento, un tentativo di incontro incoraggiante – afferma don Giampiero Alberti, responsabile diocesano degli incontri con le comunità islamiche – che ha segnato il passo di un cammino che si può continuare e arricchire soprattutto a livello di comunità giovanili». Quali sono stati i punti difficili? «Abbiamo rilevato – afferma don Salatino – il senso e l’importanza dell’ampliare il proprio linguaggio: i giovani di Sarajevo parlavano inglese ma i nostri ragazzi avevano bisogno del traduttore»; si scopre come la conoscenza e l’accettazione reciproca dipendano anche dal potersi capire nelle parole. Un modello è stato tracciato sia per l’oratorio come per il quartiere: il dialogo si cementa vivendo le diverse situazioni, per esempio con i nostri ragazzi che entrano in una moschea e con le guide scout musulmane che accompagnano giovani musulmani senza riferimenti. È dunque una buona pratica coordinarsi su progetti educativi che tengano conto della compresenza, nel nostro articolato contesto sociale, di giovani di varie culture e religioni.